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Neuroplasticità

Nell'ultimo video di Another Brain abbiamo parlato del cervello e c'è una caratteristica fondamentale di cui vorrei parlarvi, che mi fa partire da un fatto personale.
Ho vissuto buona parte della mia vita con l’idea che, dopo i venticinque anni, tutto fosse deciso a livello di apprendimento e più in generale, di comportamento.
Il mio motto dell’epoca era più o meno “Sono fatto così, prendere o lasciare”, oltre al fatto che ritenevo che imbarcarsi in imprese di apprendimento significative, come poteva essere imparare a suonare uno strumento o qualcosa di completamente slegato dal mio contesto lavorativo, fosse incredibilmente dispendioso.
Credo che questa convinzione sia stata una dei più grossi errori della mia vita, perché, di fatto, mi giustificava a reiterare comportamenti e approcci che ostacolavano il cambiamento e la possibilità di avere un sereno approccio all'apprendimento.
In altri termini era una comfort zone istituzionalizzata.
Poi ho scoperto il concetto di neuroplasticità, che ha totalmente cambiato la mia visione delle cose invertendo questo processo, aprendomi a nuove e straordinarie possibilità.
Questo concetto, che ha ribaltato un modello che vedeva il cervello di un adulto come qualcosa di statico, è anch'esso relativamente recente, perché se ne parla dalla metà del secolo scorso ma è diventato qualcosa di assodato solo negli ultimi vent'anni, grazie agli studi di pionieri quali Michael Merzenich, che ne hanno scoperto i meccanismi.
Michael Merzenich
Ma che cosa si intende con il termine di neuroplasticità?
La neuroplasticità è la capacità del cervello di modificare la sua struttura e funzione in risposta all'esperienza, potendosi riorganizzarsi e riadattarsi, creando nuove connessioni sinaptiche tra le cellule cerebrali.
Prima della sua scoperta, si pensava che il cervello adulto fosse essenzialmente immutabile e che la capacità di apprendere e cambiare fosse limitata all'infanzia.
Oggi, invece, sappiamo che la neuroplasticità continua ad esistere anche dopo di essa, ma cambia di caratteristica, ovvero invece di essere passiva (un bimbo impara e acquisisce esperienza in maniera spontanea) diventa qualcosa che va alimentata in maniera attiva, ad esempio con la motivazione.
Non c’è quindi un limite di età per imparare ma, con i giusti stimoli, si può farlo sempre.
In più, essa non riguarda solo l'apprendimento: la neuroplasticità è alla base di molte terapie che mirano a modificare i processi cognitivi e comportamentali che contribuiscono ai problemi di salute mentale.
Ad esempio, molte forme di terapia cognitivo-comportamentale (CBT) si basano sulla neuroplasticità per aiutare le persone a modificare i loro schemi di pensiero e comportamento che possono contribuire ai loro sintomi.
Insomma, il nostro cervello dimostra ulteriormente quanto sia un organo incredibilmente sofisticato e ricco di potenzialità.
Sta a noi utilizzarlo al meglio e il sapere che ci può supportare nel nostro cambiamento è una spinta a cambiare prospettiva e ad aprirci verso nuove possibilità.
C'è un altro elemento fondamentale legato alla neuroplasticità: il sonno.
È mentre dormiamo che impariamo, in quanto il sonno permette al cervello di consolidare i ricordi, riparare le cellule cerebrali danneggiate e rafforzare le connessioni neurali.
Ecco perché dormire con regolarità, almeno sette/otto ore per giorno è essenziale in un percorso di apprendimento (e non solo), soprattutto se prolungato nel tempo.
Un ultimo fatto straordinario: l'atto di imparare qualcosa di nuovo alimenta esso stesso il processo di neuroplasticità, per cui oggi più che mai vi auguro...
Happy Learning!

Antonello
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